errori nei pagamenti

Ecco alcuni errori comuni che fanno saltare i pagamenti nelle PMI.

Se i soldi entrano tardi non è (quasi mai) sfortuna: di solito mancano tre cose semplici: termini di pagamento chiari, un promemoria prima della scadenza e un monitoraggio costante dei clienti. Sistemando questi tre tasselli, le fatture smettono di “parcheggiarsi” e tornano a fare il loro lavoro: portare liquidità, abbassare il DSO e alleggerire l’attivo circolante.

In Italia la puntualità non è scontata: nel 1° trimestre 2025 soltanto il 44,7% delle aziende paga in tempo, con un rialzo dei ritardi di oltre i 90 giorni rispetto al trimestre precedente. Questo si traduce in più capitale fermo nei crediti commerciali, cash flow operativo sotto pressione e fabbisogno di cassa che cresce. Intervenire su termini, solleciti e monitoraggio è il modo più veloce (e soprattutto alla portata di una PMI) per recuperare giorni di incasso senza scontare i prezzi. 1

1) Termini di pagamento poco chiari e incoerenti tra offerta, ordine, DDT, fattura

Un errore non è solo dimenticare la scadenza: è lasciare zone grigie. Chi approva? Quali documenti servono per lo sblocco contabile (PO, DDT firmato)? Quando il servizio si considera accettato? Ogni ambiguità diventa un pretesto per rinviare il saldo e fa crescere il DSO. Il quadro UE è chiaro: tra imprese si dovrebbe pagare entro 60 giorni (salvo patti non gravemente iniqui); verso la PA il termine è 30 giorni (eccezionalmente 60). Al creditore spettano in automatico interessi di mora ed un indennizzo minimo per i costi di recupero. È inoltre in discussione un Regolamento che fisserebbe a 30 giorni sia pagamento sia accettazione/verifica, riducendo i margini di interpretazione e mettendo ordine ai flussi di cassa. Per una PMI, la mossa più efficace è standardizzare i documenti: indicare sempre scadenza, modalità di pagamento, riferimenti d’ordine e condizioni di accettazione. Meno dubbi oggi, meno contestazioni domani. 2

2) Solleciti “a sentimento”, senza un ciclo pre-scadenza

Molte aziende iniziano a sollecitare solo dopo la scadenza ed in modo sporadico. È un boomerang, micro frizioni (IBAN errato, PO mancante, nota di credito in attesa) si trasformano in 30/60/90+ giorni. I dati europei mostrano che le imprese spendono in media circa 10 ore a settimana a rincorrere pagamenti: tutto questo si traduce in tempo sprecato e cassa ferma. Imposta un ciclo di sollecito leggero ma costante: invia un promemoria cordiale una settimana prima della scadenza, poi un secondo due giorni prima; il giorno successivo alla scadenza manda un richiamo con tutti i riferimenti utili (fattura, IBAN, numero d’ordine, contatti) e se il pagamento non arriva, dopo dieci giorni procedi con un’escalation ricordando anche gli interessi di mora previsti. Questo ritmo accorcia il percorso tra ordine e incasso e aiuta a ridurre il DSO.
Per rendere il pagamento ancora più semplice, aggiungi in fattura un QR EPC per il bonifico SEPA: il cliente lo scansiona e trova IBAN, importo e causale già compilati. In alternativa usa Request-to-Pay: il cliente riceve una richiesta di pagamento e la conferma con un clic dalla sua app bancaria. In entrambe le opzioni si evitano errori di digitazione e l’incasso arriva più rapidamente.

3) Assenza di monitoraggio del comportamento di pagamento

Senza un controllo settimanale dell’aging, cioè della distribuzione delle fatture tra 0–30, 31–60, 61–90 e oltre 90 giorni e senza misurare quante promesse di pagamento vengono rispettate e perché i clienti ritardano, si finisce per sollecitare tutti allo stesso modo e si perde tempo proprio dove il DSO pesa di più. Ricorda: il DSO incide direttamente sul Cash Conversion Cycle (CCC), cioè sui giorni necessari per trasformare le vendite in denaro; se il DSO cresce, più capitale resta bloccato nell’attivo circolante e l’azienda deve finanziare più giorni di credito, con impatto immediato sul cash flow.

La mossa pratica è costruire ogni settimana una lista prioritaria: ordina le posizioni per importo dovuto, anzianità dello scaduto e rischio storico del cliente. Per ciascuna, annota il motivo del ritardo (documenti mancanti, contestazione qualità, promessa disattesa, sforamento del fido) e applica un’azione mirata: invia ciò che manca, concorda una data certa o un piano di rientro, oppure attiva blocchi/approvazioni sugli ordini successivi. Questo approccio concentra gli sforzi dove serve davvero, riduce il DSO e libera cash flow.4

Ecco 3 leve extra che fanno davvero la differenza (e spesso mancano)

a) Dati di pagamento “a prova di errore” in fattura

Inserisci in fattura un QR EPC per bonifico SEPA: chi lo scansiona si ritrova IBAN, importo e causale già precompilati, con meno errori e pagamenti al primo colpo. Se il gestionale supporta SEPA Request-to-Pay, puoi inviare una richiesta di pagamento che il cliente approva con un clic; l’esito torna con riferimenti standard utili alla riconciliazione. Risultato: meno scambi di email, incassi più rapidi e DSO che scende.


b) Preparazione “anti-ritardo” prima della fattura.

Elimina gli attriti a monte: inserisci sempre il numero d’ordine (PO) del cliente e riportalo in fattura, raccogli DDT firmato o accettazione digitale del servizio, concorda una checklist documentale con l’amministrazione del cliente. Così, alla scadenza non manca nulla e salta la scusa per rimandare.

c) Tenere d’occhio la rotta normativa.

La normativa UE sui ritardi di pagamento riconosce interessi automatici (almeno tasso BCE + 8 punti) e un indennizzo forfettario al creditore. È in discussione un nuovo Regolamento che punta a 30 giorni netti per pagamento e accettazione/verifica. Aggiornare ora termini contrattuali, template di sollecito e processi ti rende allineato e migliora subito la disciplina dei pagamenti: meno capitale immobilizzato nell’attivo circolante, cash flow più stabile.

In pratica, da domani

Allinea termini e riferimenti su offerta, ordine, DDT e fattura; attiva promemoria prima della scadenza e offri un canale di pagamento a attrito quasi zero (QR per bonifico SEPA, standard EPC, oppure SEPA Request-to-Pay “clicca e paga”). Ogni settimana misura i tuoi KPI di incasso (DSO, percentuale di scaduto per fascia, tasso di promesse mantenute) e concentra il lavoro su una lista prioritaria di posizioni critiche, le più alte per importo e le più vecchie. È la via più rapida per liberare cash flow, ridurre il DSO e alleggerire l’attivo circolante, restando allineato alle regole europee in vigore e a quelle in arrivo.